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Grotta Serafino Calindri

Scoperta nel 1964 da Giancarlo Zuffa, del GSB e dedicata al celebre ingegnere idraulico e storico, precursore della Speleologia Bolognese, che alla fine del ‘700 visitò e descrisse per primo alcune grotte nei gessi e nelle arenarie del nostra provincia. Nell’intento di preservare la singolare abbondanza e varietà di concrezionamenti, i cospicui depositi paleontologici e, soprattutto, le testimonianze di frequentazione da parte di popolazioni primitive (Bronzo rec.: fine XIV-inizio XIII sec.a.C.), pressoché contemporanee a quelle che abitarono la Grotta del Farneto, immediatamente dopo la sua scoperta viene protetta con un robusto portello in acciaio, installato a 6 m dall’ingresso, che si apre sul fondo della Valle cieca di Budriolo.

Fra il ’68 ed il ’70 alcuni movimenti franosi ostruiscono il pozzetto d’accesso, che viene facilmente (si fa per dire) riaperto, ma nel ’72, a seguito di forti temporali, una possente slavina di fango e di alberi si abbatte sull’ingresso e le acque trovano sfogo scavando una voragine al di sotto della struttura in c.a. che avvolge il portello, che resta inutilmente appeso alla volta. L’intero lavoro deve quindi essere ripetuto nel 1973, con la costruzione di una nuova struttura in c.a., ospitante il portello in acciaio (quello del ’64), venti metri più all’interno della Grotta. Gli Speleologi realizzano inoltre una grande coronella in legno, su di un arco lungo una ventina di metri, a difesa dell’ingresso. Reggerà fino al 1988.

Torniamo comunque al 1976, allorché la Cava Farneto, della Gessi Emiliani, sfonda l’ormai esile diaframma esistente fra le sue gallerie e la Grotta, sulla quale il Ministero dei Beni Culturali ed Ambientali ha emesso proprio quell’anno un provvedimento di tutela. Alcuni goffi, ripetuti quanto vani tentativi dei cavatori per porvi rimedio dimostrano ben presto la loro inutilità e nel 1982 si è al punto di prima: un buco di 4 x 2 m rende ancora accessibile la Grotta attraverso le gallerie di cava. Si apre una lunga vertenza, dai toni incredibilmente violenti, fra GSB-USB e la Ditta, il perito del Tribunale ed infine contro la Soprintendenza Archeologica, che di fronte ad una situazione emergenziale pare in stato catalettico.

Le cose si trascinano fino al 1987, quando, dopo aver ottenuto la prescritta licenza edilizia (sic), GSB ed USB, stanchi di planimetrie, carte bollate e raccomandate r.r., trasportano manualmente le 5,5 t di materiale al piano inferiore della cava (300 m di gallerie semiallagate) e costruiscono il famoso Muro del Pianto, che separa definitivamente la Calindri dalla cava. Siamo all”88, quando i problemi di tenuta delle difese esterne all’ingresso divengono -anno dopo anno- drammatici, costringendo gli Speleologi al defatigante svuotamento del pozzo iniziale, che inevitabilmente si riempie di fango e tronchi.

Nel 2007 il Parco dei Gessi, che nel frattempo ha saggiamente provveduto all’acquisizione del fondo della Valle cieca di Budriolo, approva il progetto d’intervento del GSB-USB per la definitiva sistemazione dell’ingresso mediante una struttura in acciaio. I lavori vengono eseguiti dagli Speleologi in cinque giorni, con l’insostituibile aiuto di un escavatore cingolato.

La Grotta ha uno sviluppo di 1.955 m ed un dislivello di 26 m.

Dal 1932 il Gruppo Speleologico di Bologna conduce esplorazioni e studio di cavità naturali e artificiali.

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