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Esplorazioni alla buca su cavatorre

Data: 23/10/2021

Partecipanti: L. Caprara, R. Cortelli, A. Mezzetti, L. Pisani, G. Zaffagnini

A cura di: Luca Pisani


Verificato fondo della grotta a -400 m, che si presenta totalmente occluso da marmettola. La condotta inclinata terminale, che sarebbe dovuta essere l’obiettivo da disostruire, è occlusa per almeno 5-6 m e solo l’imbocco nella parte orizzontale è attualmente percorribile. Individuati alcuni punti lungo il percorso per ulteriori tentativi di prosecuzione.


Il sole e il foliage autunnale tentano di sabotare l’uscita ma determinati e incoraggiati dall’idea di Ivy di portarci in macchina fino all’ingresso della grotta, entriamo verso le 12 nella Buca.

Consapevoli dell’aria ghiacciata presente all’interno siamo ben equipaggiati per il freddo e decidiamo di puntare tutti verso il fondo evitando di fare rilievi. Arriviamo abbastanza spediti al famoso meandro mesto di -200 e qui la diserzione prende il sopravvento. Con un “addio” romantico degno dei migliori film, il buon Caprara  fa dietrofront, consapevole del supplizio che lo avrebbe atteso.

Noi altri sfigati invece continuiamo e fortunatamente siamo ancora in discesa… superato il meandro, bello nonostante la sofferenza, ci fermiamo a mangiare qualcosina e poi riprendiamo la discesa.

Arriviamo finalmente dopo altri pozzetti, traversini e passaggi non simpatici alla serie di pozzi finali. Dopo questa sequenza di pozzi lunghi e ampi giungiamo alla matassa di corda e catena di attacchi lasciati da Lupo+Condor la volta precedente. Prendiamo su solo la ferraglia e lasciamo lì la corda, e ci infiliamo nella strettoia che si affaccia su un ulteriore pozzo, la più bastarda di tutta la grotta.

Uno a uno passiamo e scendiamo gli ultimi pozzi (dove integriamo gli armi con maglie rapide dove necessario) e mettiamo piedi sul fondo.

Qui giunge la brutta notizia: la condotta inclinata terminale è completamente satura di marmettola e la sua lunghezza già conosciuta è quasi totalmente impraticabile… non ce lo aspettavamo anche se la marmettola effettivamente ci ha accompagnato per quasi tutto il percorso attivo… i danni della cava si fanno sentire anche in profondità.

Dopo aver espletato alcuni servizi igienici, recuperiamo tutto il materiale di ferraglia abbandonata sul fondo, e ci approntiamo a risalire lenti ma inesorabili. Arrivati alla strettoia bastarda in uscita dal pozzo perdiamo oltre un’ora solo per passarla: bestemmie a profusione.

A parte qualche complicazione dovuta alle strettoie in uscita dai pozzi e alla stanchezza che inizia a farsi sentire, raggiungiamo tutti vivi l’uscita poco dopo le 2 sotto un cielo stellato.

Nel tragitto individuiamo due punti interessanti:

  1. cunicolo strettino da disostruire a -340/-350 m circa dove si sente in lontananza l’attivo (qui sarebbe il punto più basso dove tentare di raggiungerlo)…
  2. una condotta inclinata che sembra di discrete dimensioni all’attacco del pozzone poco sotto al meandro mesto di -200 m. Raggiungibile con un facile traverso.

Commento finale

La grotta è OGGETTIVAMENTE tosta. Per essere “solo” un -400 si fa una fatica (e ci vuole un tempo) paragonabile a profondità ben maggiori. Però davvero bella e complessa e spero possa regalare ancora qualche sorpresa. Ci sono alcuni punti che meritano di essere riguardati (per fortuna sopra ad alcune delle strettoie) e lunghe parti ancora da rilevare. 

Avanti tutta!


Data: 04/12/2021

Partecipanti: L. Grandi, S. Curzio

A cura di: Samuele Curzio


Si va sul fondo occluso dalla marmettola, si inizia il rilievo a salire disarmando. Dopo poco ci rendiamo conto che si sta attivando la grotta e teliamo via.

Mez: “sapete il meteo come butta? C’avevo guardato ieri e non mi pareva granché…” 
Lupo: “dà un po’ di pioggia…. nulla di troppo tragico, pare…”.

Io e Lupo partiamo venerdì in direzione Agliano, unici superstiti di una spedizione che sembrava dovesse essere molto più affollata.

Dormiamo nella gelida casa gentilmente concessa dai reggiani e il sabato ci prepariamo per entrare in grotta. F

uori una pioggia sottile e fredda inizia a scendere. La stessa pioggia la prendiamo durante la salita lungo la strada di cava innevata, mezzi infradiciati ci infiliamo nella buca da lettere che dà l’accesso alla grotta dove lasciamo il materiale da avvicinamento al riparo dalla pioggia.Iniziamo a scendere che saranno state quasi le 13.

Notiamo che il rivoletto di attivo nei piani inclinati iniziali è ben più grosso del solito, ma non rappresenta assolutamente un problema per la progressione in grotta. Anche perchè prima del ramo della “tana del bianconiglio” si infila tutto sul vecchio fondo.

Ci fermiamo a mangiare qualcosina (nello specifico: tramezzino al salmone, mozzarella a morsi su fetta di pane) nel canale nel selcifero dopo il faglione, appena dopo prendiamo senza rendercene conto la variante alta nel meandro stronzetto di -200.

Questa mossa confonderà il mio senso dell’orientamento: per una buona mezz’ora abbondante avanziamo seguendo le corde senza capire bene a che punto fossimo. Solo una volta raggiunto il pozzo a cavalcioni del meandro capiamo dove siamo sbucati.

Arrivati sul fondo mangiamo qualcosa e ci prepariamo a iniziare il rilievo. Io starò davanti a tenere i capisaldi e disegnare mentre Lupo mi seguirà facendo le sparate con il distoX e disarmando.

L’idea è di riuscire a rilevare e disarmare fino alla fessura da cui arriva il rombo dell’attivo. Salito il primo grande pozzo vado a vedere dove mettere un caposaldo che mi permetta di fare un biforcazione che salga per l’enorme camino di almeno 25 metri, la cui prima parte è arrampicabile. Ed è qui che mi rendo conto che nel frattempo da quel camino sta scendendo un ruscello d’acqua.

Aspetto Lupo e gli dico: “Quello mezz’ora fa non c’era”, lo sguardo si porta sui due sacchi pieni di corde e quelle che ci attendono; Lupo dice: “Ce la teliamo?”. -Sì-.

Abbandoniamo dunque i sacchi e ci avviamo verso l’uscita con il solo personale. La grotta è decisamente molto meno silenziosa rispetto all’andata ma per fortuna è armata molto bene, le corde sono sempre fuori dalle zone principali di scorrimento d’acqua.

In un paio di pozzi si sono attivate delle vere e proprie cascate. Lupo va in avanscoperta per valutare se le corde sono percorribili. In entrambi i casi ci si bagna nella prima decina di metri prima di uscire dalla zona interessata dagli schizzi, ma non si è mai direttamente sotto la cascata. 

Buona parte dell’acqua che attiva in fondo della grotta esce da una crepa nella parete alla base del grande pendolo. Per rendere l’attività più gustosa, una lama di una quarantina di centimetri decide di staccarsi durante una risalita in un meandro, colpendomi fortunatamente sulla coscia, causandomi solo un livido.

Si rivela fondamentale la variante alta nel meandro stronzo che permette di bypassare l’attivo anche al ritorno. Anche dal faglione viene giù un’inedita cascata in direzione della tentata risalita fatta in passato.

Ormai siamo abbastanza tranquilli, l’unica cosa che potrebbe impedirci di uscire sarebbe un’attivazione del pozzo iniziale. Tutti gli altri essendo molto appoggiati ci preoccupano meno.

Naturalmente è tutto il contrario delle nostre preoccupazioni: la parte più bassa dei pozzi inclinati si è attivata su tutta la larghezza come una cascatina di un giardino zen.

Niente di pericoloso ma impossibile rimanere asciutti.

Verso l’ingresso invece diventa sempre più asciutta. Per l’una di notte siamo fuori. Ha ormai smesso di piovere, ma la pioggia del pomeriggio ha sicuramente sciolto un po’ la neve aumentando la portata della piena.

Inoltre la presenza delle cave ha sicuramente velocizzato il tempo che ci mette l’acqua piovuta a entrare nella grotta.

Approfittando della strada pulita dai cavatori torniamo sani, salvi, bagnati e infreddoliti al Jimny.

Ascoltate e temete le profezie di Mez!

Dal 1932 il Gruppo Speleologico di Bologna conduce esplorazioni e studio di cavità naturali e artificiali.

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