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Ramo dei Traversi e Ramo Nord Stefano Zucchini

di Flavio Gaudiello

Una volta usciti dal pozzo della risalita nel Mondo Nuovo si percorre una galleria lievemente in discesa, fra massi di varia pezzatura. Poco dopo i crolli cedono il passo alla sabbia ed è qui che, in corrispondenza di una saletta, si scorge un basso pertugio sulla sinistra. Superato il passaggio, ci si ritrova alla base di un pozzo che, risalito, reca ad una cengia di roccia dal fondo sdrucciolevole. E’ da qui che ha inizio quello che verrà chiamato il Ramo dei Traversi, per la necessità di doverlo attrezzare con corde. Qui la circolazione dell’aria si avverte distintamente ed infatti è questa la condotta principale del Sistema. Il fondo è reso scivoloso non solo dallo stillicidio lungo le pareti, ma anche dalla consistente presenza di guano.

Alla fine del Ramo dei Traversi, dopo aver disceso un pozzo di una decina di metri, ci ritroviamo in una saletta (CS. 32), dalla quale è possibile individuare due diramazioni. Da questa sala in poi (proseguendo verso monte) la Grotta sembra cambiare morfologia, esibendo la più ampia dotazione di speleotemi carbonatici. La si potrebbe definire un vero e proprio scrigno, con un ricco e vario contenuto di gioielli. La prima diramazione che incontriamo: quella di destra, viene denominata Ramo dei piedi nudi. E’evidentemente un vecchio arrivo, in quanto termina all’interno della sala con una gigantesca colata. Per risalirla, si tiene la destra e si cammina su un pavimento anch’esso concrezionato, forse ancora talvolta alimentato da scorrimento d’acqua. Nell’intento di evitare il danneggiamento delle concrezioni, ci togliamo gli scarponi e camminiamo scalzi. Questo ramo, raggiunto il punto più a monte, termina in corrispondenza di un grosso accumulo di sedimenti che celano evidentemente un antico passaggio non più percorribile. Rientrati nella sala, è possibile percorrere la seconda diramazione: quella in sinistra, che si rileverà poi come la galleria principale del Sistema. Anche qui ci troviamo in un ambiente fortemente concrezionato, con un pavimento – anch’esso di un brillantissimo bianco perla – che non merita di essere corrotto dalle nostre calzature infangate. Si deve quindi procedere ancora a piedi nudi, almeno fino al CS. 38. Percorrendo tale galleria, fra stalattiti e stalagmiti, è possibile scorgere alcune vie laterali che però riconducono tutte alla galleria.

Quand’essa termina, in corrispondenza del CS 38, siamo nuovamente di fronte ad un bivio. Procedendo verso quella che sembra essere la naturale prosecuzione della condotta principale (la diramazione di dx) ci troviamo in un ambiente il cui candido pavimento lascia il posto ad un fondo costellato da vaschette colme di fango che, se non del tutto liquido, risulta sufficientemente appiccicoso. Superate le vaschette, ecco un piccolo vano, di circa 3 m di diametro, con la forma e l’aspetto di un geode, finemente concrezionato; il pavimento è lastricato da un’elegante palladiana di fango (suolo poligonale). Visto e assodato che questo ramo (Galleria del Girotondo) non è l’ipotizzato ramo principale, si fa ritorno al bivio. Da qui, perpendicolarmente alla galleria principale, parte un’altra diramazione, questa sì continuazione di quella principale. Arrampicando leggermente e passando tra una coltre di stalattiti, dopo aver superato un corto passaggio, ci si ritrova in un ampio salone, soprannominato del Ciclope. Ha dimensioni in pianta di 20 m x 20 m e si connota come il cuore del Sistema, ove confluiscono due grandi rami principali, denominati in prima battuta di sinistra e di destra, per poi essere successivamente rinominati, rispettivamente, Ramo Amila e Ramo Stefano Zucchini. Il centro della sala, individuato con il caposaldo 41, è posto su di un caotico accumulo di blocchi. Sulla sinistra, proseguendo la risalita, si accede al “Ramo di sin.; costeggiando invece il fianco destro del Salone del Ciclope, appare la Grande Colonna, del diametro non inferiore ai due m: un gendarme che sembra quasi invitarci all’attenzione ed al rispetto. Proseguendo oltre, ancora a destra, ecco un altro caposaldo importante: il n 42.

Da qui è possibile scorgere il passaggio che porterà fuori dal salone, ma soprattutto ci si imbatte in un’altra splendida colonna che si erge su di una stalagmite in assetto orizzontale, esito dell’evidente collasso del pavimento. Viene soprannominata affettuosamente Highlander, come colui che era destinato a vivere per sempre. Proseguendo oltre l’Highlander si ha l’impressione di aver raggiunto il fondo della sala.

Scrutando invece verso il basso, a sinistra, è identificabile un piccolo pertugio; percorrendolo a gattoni ci si trova a camminare sul bordo destro di quella che pare quasi una grande dolina interna, con le pareti verticali ed in terra. Prudenza vuole che armiamo un traverso di sicurezza. La dolina, denominata Black Hole, evidentemente formatasi a seguito del rapido svuotamento di un livello inferiore, chiude dopo aver raggiunto una profondità di circa 18 m in una fessura di dimensioni impraticabili. Oltre la dolina vi è un altro enorme ambiente lievemente inclinato, le cui pareti sembrano nascondersi alla luce dei nostri caschi. Misura in pianta 50 m x 120 m, con un’altezza di circa 30. Il Salone Passaggio a Nord-Ovest è anch’esso esito di fenomeni di crollo. Il suo pavimento è occupato sul lato sinistro da un viscido sfasciume roccioso, mentre a destra compare un canalino che raccoglie le scarse acque di percolazione. Lasciataci quindi la dolina alle spalle e risalendo lungo il piano inclinato, esploriamo sulla destra (CS. 45) una prima diramazione che reca al Pozzo delle Sirene, così detto per gli strani echi e suoni che ne escono. Continuando a risalire alla sin. del canalino, appare una ennesima, splendida colata che i cristalli calcitici riflettenti le luci dei nostri led fanno sembrare un cielo stellato. Avvezzi alle modeste beltà delle grotte nel gesso, ci lasciamo andare alla poesia e le atribuiamo il nome di Parete del Firmamento.

Poco più in alto, più o meno all’altezza del centro del Salone, sono visibili varie colonne e pendenti, molte delle quali di notevoli dimensioni. Poco oltre la metà del Salone possiamo notare sulla destra quello che sembra un altro grosso arrivo. Per verificarlo risaliamo la pendice di instabili, enormi massi di frana. Termina con un anfratto. Rientrati sul Salone continuiamo verso monte, ma da quella parte chiude. Sempre sulla destra invece c’è un piano inclinato che conduce ad una nuova galleria, occlusa in parte dai crolli. Reca all’attacco di un enorme pozzo, denominato Gerione.

Dal 1932 il Gruppo Speleologico di Bologna conduce esplorazioni e studio di cavità naturali e artificiali.

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